LA MELA ROSA
Nella fascia collinare pedemontana dell’Appennino
marchigiano, specie al centro-sud (monti Sibillini), è da millenni
coltivata una varietà di mela: la mela Rosa.
Difficile dire se tale nome sia derivato dal vago profumo
di rosa che emana il frutto, o dalle sfaccettature di tale colore che
presenta, a maturazione, il frutto stesso ed anche il fiore quando ancora
in boccio.
Le Marche poi, si sa, è una regione “al plurale” a partire
dal nome, ed anche la mela Rosa si distingue in moltissimi ecotipi, al
punto che si può affermare che quasi ogni paese dell’entroterra ha la sua
mela Rosa (una ricerca effettuata dall’ASSAM – Agenzia Servizi Settore
Agroalimentare delle Marche – ne ha distinte oltre trenta).
Da un certo punto di vista si può definire la mela Rosa
come una mela… fortunata perchè nella selezione ultramillenaria, sia naturale
che guidata dall’uomo, ha conservato tutti i caratteri positivi della mela
selvatica (primordiale), pur acquisendo le migliori qualità del frutto
edibile.
Infatti
nella mela Rosa si riscontra un’alta concentrazione di fitonutrienti e di
antiossidanti (Neri e Virgili, 2002) quale si può ritrovare solo nelle
mele selvatiche, ma a differenza di queste – immangiabili – ha anche il
pregio di un sapore eccellente.
Per le
popolazioni montane delle Marche, la mela Rosa ha avuto una funzione non
di poco conto: a motivo della sua ottima e lunga conservabilità in
ambiente naturale, ha permesso la disponibilità di frutta fresca per tutto
il periodo invernale-primaverile e il suo utilizzo non era limitato ad un
piacevole dopo-pasto, ma più spesso costituiva, mangiata con il pane, la
colazione o la merenda.
Fino agli anni
sessanta, nelle Marche, la forma prevalente di conduzione dei terreni era
la mezzadria ed alla raccolta delle mele Rosa presenziava il “padrone” (il
concedente) o il fattore, al pari dei raccolti più importanti, come la trebbiatura del
grano o la vendemmia, per paura di eventuali furti alla metà di spettanza.
Non vi era
podere che non avesse le sue piante di mela Rosa, talvolta maritate alla
vite, in sostituzione dell'oppio (acero) che non dava frutto.
La conservazione
avveniva per lo più ponendo i frutti in un ampio paniere, coperti bene con
la paglia, e sistemato all’incrociatura dei rami di un albero nei pressi
dell’aia.
Poi, nell'era
del benessere economico, l'attenzione del consumatore si è rivolta più
all'aspetto esteriore che al sapore e così la mela Rosa, piccolina e poco
appariscente, ha rischiato l'estinzione.
Solo
recentemente le sue qualità sono state riscoperte ed è tornata ad essere
ricercata e preziosa, anche per l’ iniziativa delle Comunità Montane
dei “Monti Azzurri” (San Ginesio, MC) e dei “Sibillini” (Comunanza, AP),
che hanno promosso la costituzione di consorzi per la tutela e la
valorizzazione di questo prodotto.
L’ALBERO
L’albero della
mela Rosa presenta una elevata vigoria e di conseguenza raggiunge notevoli
dimensioni; queste caratteristiche purtroppo comportano: la tardiva
entrata in fruttificazione; l’alternanza di produzione; una difficile
gestione della pianta stessa per quanto riguarda la potatura e la
raccolta. Tutti inconvenienti che mal si conciliano con una moderna e
redditizia frutticoltura.
A questi
handicap si cerca di ovviare, ma con incerti risultati, attraverso
l’adozione di specifiche tecniche: innestando la mela Rosa su portainnesti
nanizzanti, ricorrendo al taglio delle radici, ecc.; resta tuttavia il
fatto che la coltivazione è abbastanza difficile e la produttività è
comunque inferiore alle altre varietà di mele. Ne consegue che la
produzione a tutt’oggi è ancora molto limitata.
IL FRUTTO
Il frutto ha
caratteristiche ben definite e peculiari. La forma è molto appiattita ed
in genere asimmetrica; la pezzatura molto disomogenea e medio-piccola; il
picciolo molto corto.
La buccia si
mantiene di colore verde fin quasi alla raccolta, poi, anche durante la
conservazione, vira al giallo con sfaccettature rosse, vinaccia, rosa
carico.
La polpa è di
colore bianco; dapprima eccessivamente compatta, diventa poi croccante a
maturazione di consumo.
Il sapore è
caratteristico con ottimo rapporto dolce-acidulo, delicatamente profumata.
Altro aspetto
particolare è il divario tra l’epoca di raccolta (maturazione di
raccolta), che avviene nella prima decade di ottobre, e il raggiungimento
delle migliori caratteristiche organolettiche (maturazione di consumo),
che si verifica a circa un mese dalla raccolta.
Anche la
conservazione presenta delle peculiarità: è forse l’unica mela che se
conservata in celle refrigerate presenta uno scadimento qualitativo che
interessa sia i nutrienti che le caratteristiche organolettiche. La
migliore conservazione si ha ponendo la mela all’esterno, in luogo
ombreggiato rivolto a nord, protetta dalla pioggia; se poi c’è la
possibilità di avvolgerla nella paglia, come una volta, si può godere di
un’ ulteriore nota aromatica dovuta alla “simbiosi” dei due elementi. In
tali condizioni la mela Rosa si conserva ottimamente fino a sei – otto
mesi dalla raccolta.
ALTRE
CONSIDERAZIONI
Per la maggior
parte dei Marchigiani di una certa età, la mela Rosa ha un valore
aggiunto: essere legata alla loro giovinezza. Mordere una mela Rosa è un
tuffo nei sapori del passato, è rivivere situazioni e sensazioni che nel
ricordo diventano comunque piacevoli, anche perché, appunto, legate ai
migliori anni della vita; vale ancor di più per quanti negli anni
cinquanta-sessanta hanno lasciato la collina e il lavoro della terra per
emigrare verso la costa industrializzata ed ora lavorano al chiuso di una
fabbrica o di un ufficio, in rumorose città.
Il giorno di San
Martino Vescovo, 11 novembre (o nella domenica più vicina), a Monte San
Martino (Macerata) si effettua una manifestazione intitolata “Saperi e
Sapori della mela Rosa” con importanti convegni tecnici e divulgativi
su questa mela, oltre a degustazioni di dolci e piatti, tutti a base di
mela rosa.
Bibliografia
Il
germoplasma del melo nelle Marche. Osservazioni preliminari di una serie
di biotipi,
S. Virgili, E. Polidori. ESAM Regione Marche 1992.
Mela rosa e
mele antiche. Valorizzazione di ecotipi locali di melo per un’agricoltura
sostenibile,
S. Virgili, D. Neri. ASSAM Regione Marche 2002.
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